Coperta pop matrimoniale: l’inizio

La produzione di piastrelle color grigio è cominciata. Okay, ad essere preciso non sono ancora piastrelle: per ora ho prodotto solo la parte circolare interna. Al momento mi attesto sugli 80 cerchi circa, grazie anche al contributo prezioso di Katia, una delle LaNoLer. Mi fermerei a 100 (circa un quarto del totale) e procederei con il bordo. A tal fine, sto attendendo di recuperare 3 kg di lana da Ivana Battiston, che ha un negozio temporaneo e un sito internet davvero meritevoli. Ivana viene a Milano un paio di volte al mese, portando con sé prodotti variegati, smarchiati, di qualità e a prezzi interessanti. Il corrente lockdown mi mette ovviamente in difficoltà e quindi non posso recuperare il color panna di cui ho bisogno. Potrei compilare un’autodichiarazione e andare a trovarla nel biellese, dove abita, ma non sono certo che le forze dell’ordine accetterebbero “incetta di lana” come giustificazione a carattere di emergenza.

I grigi in foto provengono da vari negozi, sia fisici che online. Le tonalità sono numerosissime e i filati molto diversi tra loro. Non sto escludendo quasi nulla e mescolo tweed con mohair, lana merinos con acrilico, accoppiando anche fili troppo sottili per essere lavorati da soli. A volte mi sento un po’ un delinquente, come quando ho unito una sottilissima pura lana vergine scozzese con un acrilico appena uscito da peggiori bar di Caracas. Però alla fine mi sembra funzionare. Forse, prese singolarmente, alcune piastrelle non hanno molto senso, ma conto sull’effetto finale della composizione.

Anche gli altri membri del LaNoLo hanno rovistato tra le loro scorte e mi stanno aiutando con delle matassine di grigio. Mi piace immaginare che, in qualche modo, la coperta sarà il prodotto di un aiuto proveniente da varie persone a cui sono affezionato. A tutti gli effetti uno dei motivi per cui, ormai quattro anni fa, mi impegnavo a mettere insieme quello che sarebbe poi diventato il nostro knit club di quartiere, era proprio il desiderio di creare un gruppo coeso, fondato su aiuto reciproco e risate leggere (e alcuni carichi spritz Aperol di Barbara, che ci ospita insieme a Luciana ogni giovedì sera). Così un domani, mentre leggerò un libro a letto, mi cadrà l’occhio sulla piastrella di Giovanna, di Ester, di Laura o di una delle altre compagne ed amiche del club, e mi verranno in mente le chiacchierate in compagnia, i favori reciproci, le esperienze comuni.

D’altra parte la maglia, così come altre passioni, è responsabile anche di questo: unire le persone sotto la stessa stella. Quando arriva il giovedì sera, so che andrò in un ambiente dove le mie fatiche vengono riconosciute, potrò condividere gli sbagli e trovare delle soluzioni, ridere per delle sciocchezze e imparare a prendermi un po’ in giro. E alla fine della serata tornerò a casa contento. Perché avrò trascorso un paio d’ore con persone che, da compagne di hobby, sono diventate parte della mia famiglia.

Il polsino

Il vantaggio principale nell’utilizzare le coste 1×1 è quello di chiudere in tubolare. È una tecnica un po’ rognosa, forse, ma persino io, che cerco di utilizzare l’ago da maglia il meno possibile, trovo restituisca un gran bel risultato.

Nelle coste 2×2 non è possibile procedere con chiusura in tubolare. O meglio, si può dopo aver lavorato 4-6 giri a coste 1×1, ma il passaggio tra i due rapporti si nota. Alla fine quindi ho chiuso questo polsino in modo classico, alternando il filo tra dietro e davanti al passaggio tra diritto e rovescio. Il rischio ovviamente è che, col tempo, il polsino perda di elasticità e ceda. Poco male, ho lana extra per disfarlo e rifarlo, un domani.

La lunghezza totale che utilizzo per un polsino corrisponde a numero di giri che ho precedentemente usato per il bordo inferiore del corpo. Di solito si attesta sui 4-5 cm. Mi giostro tra questi due valori a seconda della lunghezza totale della manica, aggiustando eventualmente in eccesso o difetto.

Una delle cose più affascinanti del lavoro a maglia è che stimola la capacità di adattamento. Spesso sono costretto a fermarmi e rivedere un progetto già in corso, modificarlo in alcune parti, e forse arrivare ad un risultato diverso da quello atteso. Un punto che manca, una manica troppo lunga, un bordo che viene male e molti altri imprevisti che allenano pazienza e aumentano ogni volta il bagaglio dell’esperienza. Mi ricorda un po’ quello che accade nella vita quotidiana.

Forse fare un maglione è un po’ un allenamento ad affrontare i contrattempi di tutti i giorni. Talvolta costa un bello sforzo per cavarsi dagli impicci. Alla mal parata bisogna disfare e tornare indietro. Ma mai lasciare il lavoro a metà.