Minimalismo

Una delle parole d’ordine che contraddistingue il mio stile di knitter è minimalismo. Non sono un appassionato di punti complessi o trecce. Maglia rasata, legaccio e coste sono sufficienti. In particolare, apprezzo la giustapposizione di maglia rasata e legaccio, punti che esaltano la bellezza reciproca proprio quando sono accostati.

Per questo motivo mi sono detto: dai, proviamo a costruire un cardigan utilizzando legaccio per la parte superiore e maglia rasata per quella inferiore e per le maniche. Volevo qualcosa di lineare, ispirato alla tradizione giapponese, che di minimale ha tutto. Così ho scelto di non lavorare uno scollo, come nei classici cardigan con collo a V; invece, ho tenuto la linea del collo alta, nel tentativo di creare un aspetto tipo giacchetta orientale.

Forse avrei potuto utilizzare una lana diversa per questo manufatto, qualcosa dai toni più neutri, meno rustica, più in linea con lo stile che volevo dare al lavoro. Forse avrei proprio dovuto evitare un tweed, che è pure tra i miei filati preferiti. Ma tant’è, il risultato mi ha felicemente sorpreso.

Ho sempre desiderato visita il Giappone e l’Oriente, nella sua interezza. Nel febbraio 2020 era in previsione un viaggio in Vietnam e Cambogia, che abbiamo dovuto sospendere per motivi di salute. Poi, a due giorni dall’ipotetica partenza, è esplosa la nota pandemia da Coronavirus e nulla. Forse era destino.

Spero sempre di vedere i ciliegi in fiore a Kyoto, e inganno il tempo che dovrà trascorrere prima di programmare un nuovo viaggio studiando le linee dei capi giapponesi. Mangio ravioli al vapore, imparo a fare onigiri e condisco il tutto con molto sakè.

D’altra parte la maglia serve anche a questo: portare nella nostra quotidianità qualcosa di remoto, per assaggiare pezzi di emozioni lontane. In attesa di farlo dal vivo.

Il polsino

Il vantaggio principale nell’utilizzare le coste 1×1 è quello di chiudere in tubolare. È una tecnica un po’ rognosa, forse, ma persino io, che cerco di utilizzare l’ago da maglia il meno possibile, trovo restituisca un gran bel risultato.

Nelle coste 2×2 non è possibile procedere con chiusura in tubolare. O meglio, si può dopo aver lavorato 4-6 giri a coste 1×1, ma il passaggio tra i due rapporti si nota. Alla fine quindi ho chiuso questo polsino in modo classico, alternando il filo tra dietro e davanti al passaggio tra diritto e rovescio. Il rischio ovviamente è che, col tempo, il polsino perda di elasticità e ceda. Poco male, ho lana extra per disfarlo e rifarlo, un domani.

La lunghezza totale che utilizzo per un polsino corrisponde a numero di giri che ho precedentemente usato per il bordo inferiore del corpo. Di solito si attesta sui 4-5 cm. Mi giostro tra questi due valori a seconda della lunghezza totale della manica, aggiustando eventualmente in eccesso o difetto.

Una delle cose più affascinanti del lavoro a maglia è che stimola la capacità di adattamento. Spesso sono costretto a fermarmi e rivedere un progetto già in corso, modificarlo in alcune parti, e forse arrivare ad un risultato diverso da quello atteso. Un punto che manca, una manica troppo lunga, un bordo che viene male e molti altri imprevisti che allenano pazienza e aumentano ogni volta il bagaglio dell’esperienza. Mi ricorda un po’ quello che accade nella vita quotidiana.

Forse fare un maglione è un po’ un allenamento ad affrontare i contrattempi di tutti i giorni. Talvolta costa un bello sforzo per cavarsi dagli impicci. Alla mal parata bisogna disfare e tornare indietro. Ma mai lasciare il lavoro a metà.

Le maniche

Io lavoro il busto per primo perché lo trovo più vago e quindi più noioso delle maniche. Cresce lentamente, non ho un punto di arrivo certo, va provato diverse volte per capire se ci siamo con la lunghezza e posso partire col bordo inferiore o meno. Tira di qua, liscia di là, guardati allo specchio, davanti, dietro, boh. Non sono mai sicuro. Spesso sbaglio. Una rottura insomma.

Lascio le maniche per ultime. Ho la sensazione di controllarne meglio lo sviluppo, perché all’inizio della prima manica, grazie ad una formula che ho ormai reso universale tramite un foglio di calcolo su Excel, riesco a calcolare con precisione quante diminuzioni dovrò effettuare per arrivare ad una certa circonferenza, prima di iniziare il polsino. Quindi mi costruisco una tabella con, nella prima colonna, il numero di giri da lavorare in piano + quello in cui effettuare le diminuzioni (solitamente il sesto o settimo), e nella prima riga il numero totale di di volte in cui ripetere il tutto. Poi via di spunte in ogni casellina.

La ricetta è infallibile, e arrivo giusto giusto con i ferri circolari all’ultima diminuzione prima di iniziare il polsino.

Per il Daelyn Pullover, ho diminuito ogni settimo ferro per un totale di 13 volte. Dopo l’ultima diminuzione, preferisco passare al gioco di ferri per fare il polsino (quelli in foto sono del 4.5 mm, di 0.5 mm in meno rispetto al lavoro principale). I punti infatti diventano pochi e per proseguire con i circolari dovrei stirarli lungo il cavetto, e non mi piace sollecitare il filato senza un vero bisogno. Tra l’altro, mi piace anche la gestualità che entra in gioco nel maneggiare questi cinque bastoncini.

Se per caso il numero di punti non è preciso, lo sistemo al primo giro di coste, in modo da ottenere un numero di punti pari (se progetto coste 1 x 1) o multipli di 4 (se ho in mente coste 2 x 2, come più spesso succede). Prima mi preoccupavo di arrivare al numero corretto prima di effettuare le coste, e ciò mi procurava inutili mal di testa. La mia amica Laura è una che tende alla semplificazione, e mi ha insegnato questo trucchetto. Il cielo sa quanto un ossessivo come me ha bisogno di amici knitter per limare le proprie rigidità!

Ad oggi so la lana perdona e che una scorciatoia qua e una là aiutano a rilassarsi e a godersi meglio quest’arte. E col tempo che risparmio posso bere uno spritz in più.